Alchimìa dell’incontro


 – Maria Lizzio –

                                                                                          salvino cavallaro Rubrica “Incontri”

                                                                                                        A cura di Salvino Cavallaro

L’esperienza dell’incontro è profonda quanto il cuore di chi la vive e si declina in una molteplicità e ricchezza di significati, che sottraggono rapidamente al termine “incontro” quella quota di casualità che esso sottintende e che può anche, inizialmente, contenere, ma che si può trasformare da un banale “imbattersi”, privo di densità di significato, in un “trovare”, che nasce, probabilmente, da una ricerca interiore.

Incontrare, infatti, accende la reciprocità dell’accogliere, perché comporta un trovarsi nello stesso “luogo“, un dare avvio, insieme, a qualcosa di vivo, che prima non c’era; è un movimento interiore, che consente di accostarsi all’altro, di vederlo, sentirlo, stabilire un contatto con la sua umanità: è, insomma, una “scoperta” emozionante, che arricchisce e cambia la vita.

Così è cambiata la vita di Galileo(e non solo!), dopo quelle scoperte che ci hanno avvicinato il cielo: ”Erano e sono tali stelle in cielo; ma erano invano se io non le ritrovava. Io le ho scoperte, ed è stato incontro nobilissimo; perché è stato un ritrovare un altro piccol mondo in questo grande mondo.” (dalla lettera al Conte Orso D’Elci, Firenze, giugno 1617).

La bellezza della scoperta dell’altro anima la rubrica – “Incontri” di Siciliapress.it- curata dal giornalista Salvino Cavallaro. Sono pagine di umanità intensa, che odorano di vita vissuta, sofferta e anche sognata, pagine in cui il racconto dell’esperienza personale aggancia emotivamente il lettore, permettendogli di ritrovarvi una parte di sé: un doppio incontro, dunque, con l’autore e con la propria interiorità.

Ciò avviene, ad esempio, sul terreno della nostalgia della terra natale e dell’infanzia, che, forse, adombra anche il sogno di un mondo più giusto e impregnato di “pietas”, che la ragione considera utopico, ma al quale il cuore non sa rinunciare, e che, del resto, in circostanze particolari, quasi miracolosamente, si manifesta ancora, come nella generosità dei medici, durante la terribile pandemia che il mondo sta attraversando.

In altre pagine, l’umanità è vivido sentimento religioso, che si prova anche davanti alla bellezza della Natura e dei suoi sublimi silenzi, o è il dolore dello sguardo che si posa sulla solitudine degli anziani, condannati a un vuoto di affetti più crudele della morte.

Ma un’importante dimensione umana appartiene anche allo Sport, quando esso sia interpretato, ad esempio, da un uomo come Alfredo Trentalange, arbitro con la vocazione della giustizia e con un cuore più grande di un campo di calcio, che si esprime anche nell’attività di volontariato fra persone che soffrono di disagio mentale.

L’intervista a quest’uomo straordinario è un concentrato di alta umanità, composta di umiltà, intelligenza, semplicità, interesse fraterno per gli ultimi (che, in realtà, hanno ancora tanto da dare!), passione nel cercare e curare la persona nascosta “dietro le patologie”, aprendo canali di comunicazione, attraverso un’attenta, amorosa esplorazione dell’altro, alla ricerca di quella “ parte sana” che c’è in ognuno.

Questa intervista, oltretutto, è un magnifico esempio di incontro “simbiotico” fra il giornalista e l’intervistato , ed è una vera gioia sentire l’autenticità di questi due uomini appassionati della vita, anche di quella degli altri, della vita che, insieme con la luce, accoglie l’inevitabile ombra e che conserva tutta la sua dignità, anche quando sembra tutta sbagliata e, invece, ha bisogno di uno sguardo umano per tornare a fiorire, quello sguardo che, peraltro, arricchisce di senso anche la vita di chi lo dona.

Salvino Cavallaro e Alfredo Trentalange, sono capaci entrambi di sentire il “profumo” dell’umano e di avvertire che, nel “salvare” l’altro, si salva qualcosa di sé, per cui vale sempre la pena mettersi sui passi di chi si è smarrito dietro qualche angolo di vita, seguendo, come l’antico poeta Terenzio, quell’irrinunciabile “Homo sum”, che non consente di restare indifferenti ed estranei a nulla che porti l’impronta dell’umano.

Sapere che la luce c’è, anche quando non la si veda, spinge a cercarla, fino alla gioia di riscoprirla.

A intervista conclusa, si consolida, in chi l’ha seguita, la convinzione che il giornalista e l’arbitro non si siano incontrati per caso “Chi si vuol bene s’incontra” – recita un proverbio toscano – e si può dire di essa ciò che Mazzini diceva della poesia, che, cioè, “ quando è buona, riflette l’anima di un individuo”. In questo caso, di due.

Maria Lizzio

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